Il ragazzo è timido, riservato, di poche parole. Tranne in amore. Quando giocava con la Dinamo ha conosciuto Vanja Bosnic, capo dell’amministrazione del club di tre anni più grande: si chiamarono al telefono e la conversazione durò… più di tre ore! Per un motivo, evidentemente; lo ammetterebbe anche lei, oggi sua moglie, sposi a Lourdes. Però dire che Luka non sia un tipo allegro e socievole significherebbe non conoscerlo abbastanza e fino in fondo, nonostante ci sia stata la volta in cui i suoi occhi tristi facevano pendant con una fronte crucciata e preoccupata. Ai sei anni ecco la guerra in Croazia con papà Modric che ha assistito all’assassinio di nonno Modric a pochi passi da casa. Poi la vita da rifugiato, per settimane, tra ostelli e appartamenti condivisi con altre 10 persone. Ma “nessun trauma”, almeno così afferma Luka ora, trentunenne. “Rompeva più finestre lui con un pallone che i serbi con le loro bombe” ha svelato ironicamente chi lo ha frequentato. Perché Luka Modric un pallone tra i piedi ce lo doveva avere sempre e comunque, a prescindere. Quello il suo dribbling spontaneo alle difficoltà della vita.
Tecnicamente non si poteva discutere, un furetto imprendibile. Ma fisicamente era magrolino e decisamente esile, forse per colpa di una cattiva alimentazione durante gli anni della guerra. L’Hajduk Spalato non ci ha creduto abbastanza, la Dinamo Zagabria invece sì. Che lo ha lanciato nel grande calcio e venduto al Tottenham per ben 21 milioni di euro, la seconda cessione record del club dopo quella di Marko Pjaca alla Juventus. Il suo primo tifoso? La sorellina più piccola, Dior. Letteralmente innamorata del fratellone tanto che vorrebbe emularlo in qualsiasi cosa: quando lo vedeva in tv saltava dal seggiolone per dispensare baci allo schermo.