7 giorni, 168 ore, 1080 minuti, 604800 secondi. Molti la chiamano settimana, ma per l’intensità con cui viene vissuta potrebbe sembrare un secolo. Radio sempre sintonizzata sulle solite stazioni, tv che fanno riferimento solo a quei 90 minuti, et voilà, atmosfera che diventa pesante tutt’a un tratto.
Quante volte lo immagini quel gol: sotto la tua curva, al 90°, di tacco o in rovesciata. Il sonno non arriva e allora cosa fai? Giri, ti rigiri e il soffitto è sempre lì come a volerti rassicurare. Accendi la luce, la spegni e così via fino a quando non crolli per la troppa stanchezza. Quella stanchezza accumulata da una settimana snervante e che il giorno dopo ti farà avere mal di testa per tutta la giornata. In realtà a parlare del derby si inizia di lunedì, ma il mese non varia a seconda del calendario: tutto parte ad agosto, quando l’acquisto di turno scende la scaletta dell’aereo e sa già cosa gli chiederanno i tifosi qualche minuto più tardi: “Ao facce un gol ar derby”, – questa è la frase sussurrata all’orecchio del nuovo idolo straniero arrivato da lontano. L’italiano è ancora una lingua astratta per lui, ma l’importante è conoscere il significato di quella parola di cinque lettere, ripetuta fino alla nausea, tanto da sembrare appartenente al dialetto romano. Poche sono le grandi sfide riconosciute tali anche da tifosi di altre squadre, beh, questa è una di quelle. Che si viva allo stadio, in tv, al lavoro o per strada, il derby della Capitale provoca un’accelerazione dei battiti cardiaci e un aumento della temperatura corporea a qualsiasi amante del calcio. Sul divano non rimangono incollati soltanto i tifosi di Lazio e Roma, ma da tutti i Paesi invidiano questo magnifico evento, probabilmente nemmeno tanto apprezzato e valorizzato dallo sport italiano. Dopo il triplice fischio qualcosa cambierà: potresti piangere di delusione e il giorno dopo essere costretto a cambiare bar per evitare lo sfottò, oppure piangere di gioia e costringere l’indomani il tuo collega ad un giorno di malattia. Quando l’arbitro deciderà di mettere fine alla contesa potresti vedere il sorriso di chi non vedi mai ridere e le lacrime di chi non vedi mai piangere, ma proprio in quel preciso istante capirai che la felicità per la vittoria non sarà mai superiore all’amarezza per la sconfitta. Pochi secondi più tardi, prima ancora di metabolizzare il risultato, ripenserai alle prese in giro con il tuo compagno di banco ai tempi della scuola e realizzerai che non c’è un’età per emozionarsi di fronte a tutto questo. Due squadre. Una città. Un fiume a delimitarne i confini. Il bianco e il celeste contro il giallo e il rosso: due colori agli antipodi, due storie magicamente opposte. Gli altri lo chiamano calcio, a Roma lo chiamano onore. Ora chiudete gli occhi e iniziate ad immaginarlo. Niente paura se il cuore batterà forte e l’aria inizierà a mancare, è tutto nella norma. La città eterna è pronta per essere oggetto di contesa.
3-2-1. Ciak. Motore. Azione. Signori e signori, mettetevi comodi e gustatevi il derby più bello del mondo.