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Un calcio al calcio di oggi – Cinque motivi per cui rimpiango quello del passato

Ecco” direte voi “il solito vecchio che ci frantuma gli zebedei con i suoi deliri nostalgici su quanto le cose fossero migliori un tempo”. Beh, se parliamo di calcio, allora si, esatto!  Perché un tempo era davvero meglio. O più semplicemente la percezione che avevamo del calcio era migliore. Non lo so. So solo che ci sono alcuni motivi, seri e meno seri, per cui vorrei tornare a “quei tempi andati”.

Cinque motivi per cui rimpiango quello del passato

1 – C’ERANO I PIN E I PACIONE

E qualcuno subito mi farà notare che ora ci sono i PADOIN. Vero, ma negli anni ’80 ogni squadra, anche di alto rango, aveva almeno 5 o 6 Padoin, e non solo in rosa, ma in campo! 

Marco Pacione

Basti pensare che nella Juve campione del mondo dell’85 giocava titolare tal Luciano Favero! Uno che se solo si azzardava a superare la metà campo veniva picchiato da Platini che lo ricacciava in difesa come noi ricacciamo giù un rigurgito post sbronza durante il primo pranzo domenicale a casa dei genitori della nostra nuova ragazza.

A quei tempi ogni squadra aveva uno, massimo due campioni in campo. Non c’erano super squadre che facevano incetta dei campioni sparsi nel mondo per poi tenerli in panchina ad ammuffire come un adolescente ottimista lascia nella scatola sotto il letto i preservativi comprati durante un eccesso di autostima.

Potevi affrontare la squadra cenerentola della competizione e trovarci il Litmanen di turno. Ogni squadra aveva un numero 10 che ti faceva stringere il culo appena lo vedevi che provava ad andare verso la tua porta. Per dire, l’Udinese aveva Zico. Di contro, non c’erano squadre che giocavano con 5/6 galacticos contemporaneamente, che se avevi una punizione dal limite contro era una specie di roulette russa. No, il tiratore di punizioni era uno solo, il numero 10, e ogni squadra si affidava a lui per godere.

2 – CONOSCEVAMO LE FORMAZIONI A MEMORIA

Le rose, all’epoca, si coltivavano in giardino e basta. Esistevano le FORMAZIONI. Che da ragazzino snocciolavi a memoria che se ci avessi messo la metà dell’impegno a studiare a scuola ti saresti laureato a 12 anni. E le conoscevi tutte, anche quella della Cremonese o dell’Avellino, dove, tra l’altro, sono passati signori stranieri del calibro di Zmuda, Dezotti o Diaz

Gli allenatori erano inutili, tanto la formazione era quella, punto. Decisa dal mercato, 11 giocatori mediamente forti e basta. E i panchinari? Neanche sapevi i loro nomi. Che se qualcuno dei titolari una volta si faceva male (non succedeva mai all’epoca) e toccava giocare ad un panchinaro, ti facevi il segno della croce e correvi a giocarti la sconfitta fissa al totocalcio, sognando di fare 13 (già, altro motivo di nostalgia) per comprarti la tua squadra del cuore e finalmente decidere quale fenomeno trovato sulla spiaggia di Copacabana, stile Gigi e Andrea ne L’allenatore nel pallone, avresti portato in Italia per deliziare le platee con colpi che neanche Maradona ad una festa di Lapo riuscirebbe a immaginare.

3 – LA COPPA DEI CAMPIONI

Si, perché il nome spiegava tutto. Partecipavano solo i vincitori dei rispettivi campionati. C’erano meno partite dell’attuale Champions, è vero, e giravano meno soldi. Ma il fascino che aveva era tutta un’altra cosa. Oltre a questo, ne guadagnavano le altre competizioni, perché in questo modo in coppa Uefa o in Coppa delle Coppe (già, una al martedi, una al mercoledi, ed una al giovedi, rigorosamente in differita e sintesi sulla Rai) c’erano comunque squadre all’altezza. Una tra Real e Barca, due tra Milan, Juve e Inter ecc.ecc. Non come ora che l’Europa League vale meno di un “grazie ma sono già sazio” ad una cena da tua nonna, tanto che ultimamente abbiamo assistito alla gara per non andare in Europa che pareva di assistere ad una partita di calcio tra secchioni e nerd, o ad una partita di calcio saponato tra fashion blogger e cheerleaders, che comunque avrebbe avuto un suo perché.

4 – NIENTE SOCIAL

Non fraintendete, mi piace un sacco vedere quei mattacchioni del Papu e di Petagna che amoreggiano via Twitter, o Pjanic, con lo sguardo sempre serio, che trolla Marione Mandzukic non capendo quanto è sottile il confine tra “burla tra amici” e “inizia a scavare la tua fossa”.

Un tempo, però, si sapeva davvero poco dei giocatori, che rilasciavano interviste col contagocce e perlopiù studiate a tavolino con frasi di una spontaneità indiscutibile del tipo “Il pallone è rotondo” o “Sono a disposizione del Mister”. E visto quello che hanno da dire cervelloni come Cassano o Immobile, forse, era un bene. Potevamo cullarci nella fantasia che i nostri idoli fossero pure intelligenti, colti, simpatici. I social ci hanno tolto ogni dubbio.

Avevo il poster di Platini appeso in camera. Mi addormentavo sognando che un giorno sarebbe arrivato nel campetto davanti a casa mia per fare due tiri con me e i miei amici. Un giorno mia sorella, più grande di me, passando davanti al poster mi chiese “Ma non le hai mai sentite le sue interviste? Guarda che è uno stronzo!”

Quel giorno se n’è andata la mia infanzia. Anche perché, a distanza di anni, ho dovuto ammettere che non aveva tutti i torti, mia sorella.

5 – GIOCAVANO TUTTI ALLA STESSA ORA

Anche qui occorre precisare: a me piace guardare le partite. Tutte. E l’unico modo per farlo è averle a orari diversi. Però all’epoca avevo anche una vita. Il weekend lo passavo a giocare, con gli amici, all’aperto, anche se nevicava. Non chiuso in

Glenn Peter Stromberg

 casa come ora che mi sento Cartman durante la sessione di Wow che si fa portare la padella per i bisogni da sua madre. Mia madre doveva rincorrermi per farmi rientrare a casa, a quei tempi.

Ora a inizio settimana organizziamo summit con gli amici per confrontarci sulle maratone di partite da guardare insieme. Solitamente, nelle nostre riunioni segrete del lunedì, stabiliamo cosa dire alle fidanzate, perché se non sincronizziamo le scuse e non ci copriamo a vicenda, ci beccano di sicuro e allora addio splendido sabato di calcio italiano ed estero che mannaggia non volevo proprio perdermi il derby Rumeno tra Rapid e Dinamo Bucarest che aspettavo da inizio campionato.

Devo chiudere qui perché le lacrime mi offuscano la vista. Quanta nostalgia. Ma ci sono altre decine di motivi per cui il calcio di un tempo era meglio. Ne parleremo in un altro articolo.

P.s.: Una dedica particolare va allo straniero per eccellenza: il mitico Glenn Peter Stromberg dell’Atalanta.

Antonio Visco

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