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La triste storia di Eder

La storia, in ogni suo aspetto, ha gli opliti e i generali. Tutti ricordiamo i nomi celebri, un po’ meno noti sono i nomi di onesti mestieranti del fronte, privi o quasi di colpi di genio. Anche nel calcio è così. C’è chi passeggia nella leggenda facendo incetta di trofei e vincendoli praticamente da solo e chi invece si aggrappa ad un minuto, un solo minuto in cui il Grande Burattinaio, ha deciso che sì, va bene, è il tuo momento ma non farci l’abitudine.

Se citiamo Cristiano Ronaldo, in ogni parte dell’orbe terracqueo, avremo facce che sorrideranno, che ne magnificheranno il talento, o che almeno faranno il grugno sforzato da “questo nome non mi è nuovo”. Ma se citiamo Eder, diventa un problema da esegeti. Un nome per intenditori, che lo confonderanno con il giocatore dell’Inter, o, filologi più competenti, col ragazzone belloccio che fu asfaltato insieme al Brasile dal Signor Rossi nel 1982. Dotato anche di una discreta stecca da lontano, talmente terrifica che le facce degli avversari in barriera erano di chi raccomandava l’anima a San Pietro sulla traversa di Fantozziana memoria.

Il terzo Carneade con questo nome, è un giocatore portoghese. Lo troviamo cristallizzato ad una data. 10 luglio 2016, al minuto 109 di una serata calda di una partita rognosa. Finale degli europei di calcio, Francia – Portogallo. Sembra una finale annunciata, solo Cristiano Ronaldo (questo nome non mi è nuovo…), si oppone novello Leonida, ai mangiabaguette. Ma sorpresa, dopo una manciata di minuti, un’entrata assassina di Payet, decide che 25 minuti per Ronaldo sono pure troppi. I portoghesi si chiedono solo quanto durerà l’agonia. Invece le mura resistono, anzi ogni tanto si prova pure a fare sortite fuori dal bunker. Fino a che dalla panchina non si alza lui: Éderzito António Macedo Lopes. Meglio noto(?) come Eder. Fino a quel momento ha fatto 3 gol in un bel po’ di partite, pochi per un attaccante. Anonimo prima, anonimo dopo quella finale. Ma nel mezzo c’è un minuto, in cui il ragazzone di Guinea, tira una saraccata aiutata forse pure dalla Madonna di Fatima, che tifa per i connazionali. Gol. Stadio gelato e abbracci. Storia della nazionale portoghese che vince un trofeo.


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