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Le R del Barça, una costante…

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Le R del Barça e…

Gli anni ’90 (e l’inizio del nuovo millennio) del Barça sono a forti tinte verdeoro, sempre nel segno della lettera R.

romario-barcellona-brasileR come Romario, O Baixinho che solo al Camp Nou è riuscito ad incantare da questo lato dell’oceano. Lui era la punta di diamante del Dream Team di Cruijff, quello della prima coppa e delle quattro sberle ad Atene. Si narra che un giorno chiese al proprio allenatore un permesso per recarsi al Carnevale di Rio. Johan lo sfidò:”Fammi due gol domani e ne parliamo”. Romario li fece sì i due gol. Nei primi 20′ minuti di gioco. Poi si recò verso la panchina e chiese al Mister di essere cambiato.

“Aspetta almeno l’intervallo” disse Cruijff; “Ma il mio aereo parte tra un’ora”, rispose Romario. L’olandese non potè fare altro che accontentarlo.

 

 

R come Ronaldo. […] Il Fenomeno è stato tutt’altro che una meteora. Insieme a quello della stagione successiva – la prima con la maglia dell’Inter – il Ronaldo 1996/97 è stato il più grande concentrato di potenza, velocità, cattiveria sotto porta e fantasia che mai si sia visto su un terreno di gioco.[…] Illegale, irraggiungibile, inarrestabile. Un fenomeno, appunto.

 

 

rivaldo-barcellona-barca-brasileR come Rivaldo, l’eleganza fatta persona. Raro esempio di longevità nel mondo del Pallone (pochi anni fa si è tolto addirittura il lusso di giocare una partita ufficiale di campionato insieme a suo figlio), classe a non finire e un’importanza forse mai del tutto compresa. È capitato nel momento sbagliato, diciamolo, in un Barcellona troppo estraneo a se stesso, farcito di stelle senza appartenenza, senza anima. Ha fatto da ponte tra i due millenni, è stato il faro della squadra del Centenario (1999) e forse, l’uomo che ha convinto il Gaucho a trasferirsi al di là dei Pirenei.

 

Già, perchè è anche R come Ronaldinho. Rivaldo abbandona il Camp Nou dopo il Mondiale giappo-coreano, che consacra al calcio globale il fantasista del PSG. Dopo una stagione è lui a viaggiare in direzione della penisola iberica, per mettersi la maglia lasciata libera dal connazionale, indossata con poca fortuna da Juan Romàn Riquelme (il suo fallimento rappresenta ancora una coltellata al cuore, ma è pur sempre un’altra R).

 

 

Nell’inverno a cavallo tra 2000 e 2001 il Ds blaugrana Rexach è a Rosario per osservare le giovanili della squadra locale, i Newell’s Old Boys. Oddio, di Old c’è davvero poco in quel gruppo, soprannominato “La Macchina dell’87“, dall’anno di nascita dei giocatori. Tra quegli adolescenti di grandi speranze ce n’è uno totalmente diverso dagli altri. A vederlo sembrerebbe avere tre, quattro anni meno del resto dei compagni. Però, nella trafila del settore giovanile ha messo in rete qualcosa come 234 gol in 179 partite. Una malattia ne ha fermato la crescita, e nonostante il suo score la società non è intenzionata a pagargli le cure.

Rexach se ne è innamorato, lo vuole. “Ragazzo” dice, “Vieni con me al di là dell’oceano. Porta i tuoi genitori, sistemeremo anche loro. Per te, invece, tutti i trattamenti di cui hai bisogno. In cambio ti chiedo solo una promessa”.

“Cosa?”.

“Non smettere mai di giocare così”.

Beh, ad occhio e croce promessa mantenuta. […]

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Perchè il Barça è Mès Que un Clùb.


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